EisacktalWein, un esempio di lungimiranza per sostenere il territorio


Diciannove produttori di vino della Valle Isarco si sono uniti in un’associazione, EisacktalWein, insieme a strutture di accoglienza, ristorazione e promozione per far assaporare questo territorio unico agli appassionati

EisacktalWein, un esempio di lungimiranza per sostenere il territorio


Valle Isarco: la rinascita dei vini alpini

Varietà di paesaggi, di morfologia, di microclimi, di altezze: un puzzle da completare nel suo insieme

“È necessario unirsi, non per stare uniti, ma per fare qualcosa insieme”.
Johann Wolfgang Goethe



Una valle di passaggio, uno stretto canalone con i fianchi ripidi: si allarga un po’ nella conca di Bressanone per poi tornare a mostrare aspri scenari alpini e giungere a lambire l’Austria. Zona di confine, tra il nord e il sud, tra una tradizione mitteleuropea e una mediterranea. Solcata per secoli e secoli dal fiume Isarco, che nasce a quasi duemila metri nei pressi del passo del Brennero e si srotola per novantasei chilometri per finire nell’Adige, a sud di Bolzano.
Il comprensorio originale Valle Isarco/Eisacktal si formò nel 1968 come unione volontaria di diciannove comuni della valle medio-alta. Coincidenza, diciannove sono pure i produttori che per amicizia, rispetto e visione comune si sono riuniti in EisacktalWein, insieme a strutture di accoglienza, ristorazione e promozione. L’obiettivo è di portare sempre più in alto il valore del genius loci e di far scendere la montagna nel calice.

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La zona vitivinicola è quella più settentrionale d’Italia, su 400 ettari vitati, forgiata dalla purezza dei ghiacciai, dal calore di origine vulcanica (i porfidi della zona sud) e di rocce nate dal magma (filladi e dioriti, più a nord).
Lo scenario naturale è impressivo, vigneti aggrappati alle montagne, viticoltura eroica (con pendenze che toccano il sessanta per cento, per arrivare in alcuni casi al cento per cento), in appezzamenti piccolissimi.
Da restare a bocca aperta, per la sua selvaggia bellezza solitaria, preservata nel tempo.

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E che varietà di morfologia, di paesaggi, di luminosità. Di altitudini: si passa dai 300 ai 970 metri. Di microclimi e di escursioni termiche notte-giorno.
Il fil rouge è il lavoro dell’uomo, il sudore e la fatica di terrazzare i vigneti con muriccioli in pietra naturale, gesti che si ripetono di padre in figlio.

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Complessità e unicità qui non sono parole da dépliant.
Una valle eclettica, versatile, capace di puntare sulle proprie radici per spiccare il volo. Di nuovo. Sì perché un tempo, qui si coltivavano vitigni rossi, non adatti al territorio. Eppure la tradizione vitivinicola risale al V secolo, poi portata avanti dai monaci, prova evidente è l’Abbazia di Novacella, che produce vino fin dal 1142.
Alla fine del XIX secolo (alla buon’ora) si capì la vocazione bianchista del territorio, ma tra le due guerre e il progressivo abbandono dei masi, ci si ridusse a coltivare solo per il proprio fabbisogno familiare. L’orgoglio di mantenere la tradizione rimase tuttavia vivo.

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Negli anni Sessanta la cantina cooperativa di Chiusa diede un rilancio all’attività vitivinicola, affiancandosi al faro luminoso che sempre guidava dall’alto, lo storico punto di riferimento abbaziale.
Nel 1975 viene creata la denominazione Alto Adige Doc sottozona Valle Isarco.
Il fuoco della libertà cova sotto, tanto che piano piano si comincia l’affrancamento.
La famiglia Huber (Pacherhof) dà il la, poi mano a mano iniziano ad imbottigliare in proprio sempre più viticoltori. Gli anni Novanta sono quelli della rinascita, dei vigneron di dimensioni piccole se non piccolissime (la media di ettari vitati per azienda è di un ettaro e mezzo), che seguono la strada dell’indipendenza portando in dono autenticità, aderenza al territorio e al proprio essere. Storie di uomini e di vigne, ognuno diverso dall’altro.

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I vini, nati da generazioni giovani, godono della contemporaneità e arrivano dritti al segno.
I vitigni? Primariamente kerner (20,5%), sylvaner (17,25%), müller thurgau (14,75%), gewürztraminer (12%), riesling (7%), grüner veltliner (6,25%), pinot grigio (5,25%), pinot bianco (2,63%). Non mancano però i vitigni a bacca rossa soprattutto a sud dell’area, alle spalle di Bolzano, con zweigelt (4,25%), portugieser (2,5%), schiava (2%) e pinot nero (2%). Dimentica però che i bianchi, scegliamo come esempio il classico gewürztraminer, si esprima qui come altrove. La peculiarità del mosaico isarcense conferisce maggior verticalità ai vini, che non si allargano, anzi, si slanciano verso le vette.
Dei due milioni e mezzo di bottiglie prodotte (ci riferiamo sempre ai soci di EisacktalWein, che sono 17 piccoli produttori e le due strutture di maggiori dimensioni, la Cantina sociale Valle Isarco e l’Abbazia di Novacella), la maggior parte viene bevuta in Italia (il 75%).
E, lasciatemelo dire, meno male: lasciarsi scappare dei vini così identitari ad un prezzo davvero onesto, sarebbe da stolti.
Con un Virgilio in gonnella, una professionista della comunicazione preparata e puntigliosa, capace di mettere dedizione assoluta e passione in ogni progetto che sposa, Laura Sbalchiero, andiamo ad incontrare alcuni dei soci di EisacktalWein (che ringraziamo per l’opportunità).

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Cantina Valle Isarco
Armin Gratl, direttore di Eisacktaler Kellerei e presidente di EisacktalWein, pacato e dai modi affabili ma decisi, cela dietro il sorriso l’entusiasmo della gioventù. Dirige da cinque anni la più giovane cantina cooperativa vinicola dell’Alto Adige, fondata nel 1961.
I soci sono centotrentacinque su centocinquanta ettari, dislocati tra Bolzano e Varna. Producono al novantasette per cento vini bianchi, in sintonia con la vocazionalità dell’aerale. E se la cantina, ristrutturata nel 2006, si trova a Chiusa a circa cinquecento metri d’altezza, le vigne dei soci spaziano dai trecento ai mille metri d’altitudine, con una grande varietà di condizioni geologiche e di terreni. La produzione arriva a 950.000 bottiglie. Hannes Munter, dopo qualche anno ad affiancare lo storico enologo Thomas Dorfmann, dal maggio 2018 è l’enologo responsabile.

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Armin Gratl

Gratl nel frattempo aveva già operato scelte sempre più dirette ad una ulteriore selezione in vigneto, puntando ad una maggior espressività del vitigno. Va detto che le selezioni Aristos, linea mono-vitigno prodotta per la prima volta nel 1990, nella quale si utilizzano diverse vigne selezionate a rese basse, insieme alla linea più importante, prodotta solo nelle migliori annate, Sabiona (dall’appezzamento ai piedi dell’omonima abbazia-convento), stilisticamente stanno trovando la loro strada. Certo l’annata 2017 non è stata un’annata fortunata: tra siccità, gelate e grandine si è perso un terzo della produzione. Su tutti svettano il kerner 2016 e il sylvaner 2016 della linea Sabiona, da vigne trentacinquenni, per eleganza, equilibrio e profondità.

Cantina Valle Isarco
Loc. Coste 50
39043 Chiusa (BZ)
tel. 04728477553
www.cantinavalleisarco.it
info@cantinavalleisarco.it

Garlider
Velturno si allarga su un altipiano soleggiato al centro della Valle Isarco.
Le vigne di Christian Kerschbaumer, poco più di quattro ettari, sono attorno al maso Garlider, che è a quota 650 metri. Si arrampicano dai 550 agli 800 metri su terreni prevalentemente scisto-quarziferi. Le più vecchie, venticinquenni, sono quelle di sylvaner e di grüner veltliner. Si respira un’aria di pace e di tranquillità qui, con le caprette, la fontana quasi ghiacciata, e le vigne di sfondo: un rilassante quadro bucolico. Il sorriso disteso di Christian, predispone all’ascolto della sua storia. Dopo una parentesi rombante tra le mitiche Harley-Davidson, senza tuttavia mai trascurare le attività del maso dove è cresciuto, prende la decisione, nel 2003. Comincia la sua produzione, staccandosi dal ruolo di conferitore alla Cantina Sociale Valle Isarco. Il vino in realtà in famiglia lo si produceva già per autoconsumo, bisognava fare il passo verso la totale autonomia. Tra l’altro, fu il primo a piantare pinot nero in Valle Isarco, anche se poi se ne aggiunsero altri (il pinot nero fa battere il cuore come un grande amore ma fa sempre sospirare).

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Christian Kerschbaumer

Ha le idee chiare Christian, lo si percepisce da molti particolari: in biologico certificato dal 2005, negli ultimi quattro anni sperimenta pure delle tecniche biodinamiche; lunghi affinamenti sulle fecce fini e nei legni per un imbottigliamento tardivo (luglio-agosto); lieviti autoctoni; fermentazioni spontanee; malolattica svolta; uso di botti di acacia oltre a quelle di rovere (ma si sperimentano anche altri contenitori); tappi in vetro; logo semplice ed essenziale. I vini assaggiati sono quasi tutti dell’infausta 2017 (anche qui, gelata e grandine, con perdite dal quaranta al settanta per cento). Annata diversa per il godibilissimo pinot nero 2016, puro frutto e beva sinestesica. Eppure, i vini riescono a riflettere quella luce interiore che li caratterizza, sempre lenti ad esprimersi ma capaci di catturarti nel tempo. Delicati, riservati. Vanno attesi, poi si impregnano dentro. Su tutti il nostro calice del cuore è il sylvaner 2017, con quel naso leggermente fumé, quel tocco di erbe aromatiche e quello slancio vitale, quel nucleo di vita silvestre che ti avvolge finemente ma tenacemente.

Garlider
Untrum 20
39040 Velturno (BZ)
tel. 0472 847296
www.garlider.it
info@garlider.it


Gumphof

Novale di Presule, nel comune di Fiè allo Sciliar, all’ingresso della Valle Isarco, gode di un microclima peculiare. Sole, luce e vento tiepido giornaliero dal lago, l’Ora, a contrapporsi a quello freddo serale dalle Dolomiti. Non si può ascrivere all’aerale vinicolo di Bolzano, ma neppure alla classica Valle Isarco, godendo di temperature medie superiori e di uno specchio varietale differente. Gumphof è un po’ una terra di mezzo: e Markus Prackwieser calza bene i panni di Gandalf, un po’ per il talento indiscutibile del vignaiolo, un po’ per quello spiritello curioso e saggio che anima il suo fare, verso il bello e il buono. L’energia certo non gli manca e se assomiglia un po’ all’arzillo padre novantenne che si aggira per l’antico maso indaffarato ora qui, ora là, possiamo rallegrarci all’idea di godere a lungo delle sue creature bacchiche. Il Gump, come lo chiamano gli amici del Trio vinicolo, Christian Plattner e Günter Kerschbaumer, un terzetto di artigiani del vino di rara sensibilità che condividono viaggi, degustazioni e scambi di opinioni, comincia a mettere in bottiglia i suoi sogni nel 1996.



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Markus Prackwieser

Studia i terreni di porfido quarzifero, morenici e argillosi che si inerpicano dai 400 ai 550 metri d’altitudine, con pendenze del 50-70% e confeziona su misura un abito varietale adeguato: pinot bianco, sauvignon blanc (che già c’erano ma andavano sistemati), gewürztraminer, schiava e pinot nero.
Cinque ettari con vigne che arrivano a quarant’anni di vita. Anche loro sentono la storia che aleggia intorno: i Prackwieser sono i proprietari di Gumphof dal 1850; la masseria viene menzionata sin dal 1546.

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Qui passava la rotta medievale che collegava il nord e il sud delle Alpi, legata a Castel Presule-Prösels. Al passato si riallacciano dunque le etichette Mediaevum, Praesulis e Rénaissance. I vini però sono figli di un presente luminoso e cristallino. Precisi, territoriali, rispettosi della tipicità di questo luogo unico. Stilisticamente sono limpidi, profondi, con una persistenza di purezza sorprendente. E’ stupefacente come richiamino l’assaggio per la sapida salinità, per il dinamismo vitale, per la struttura salda che mai si impone, sempre un passo leggermente indietro sulla freschezza del frutto polposo. Il rovere è gestito in modo molto equilibrato per aiutare la longevità di questi vini, come abbiamo avuto modo di capire da un pinot bianco Riserva Renaissance 2012 che sfodera l’eleganza di un fuoriclasse.
Difficile qui scegliere il vino del cuore. Sarebbero da portare sulla via di casa il pinot bianco Praesilus 2017 per come riesce a tessere struttura e succosa salinità insieme con un finale vivo e profondo; ma anche il sauvignon Praesulis 2017, con quelle note di sambuco, di frutta esotica e l’incedere affusolato, sferzante, intimamente elegante… per poi spiaggiarci con quella beva vibrante, a guardare oltre l’orizzonte.

Gumphof
Novale di Presule 8
39050 Fié allo Sciliar (BZ)
tel. 0471601190
info@gumphof.it
www.gumphof.it


Taschlerhof

Anche Peter Wachtler fa parte di quel gruppo di vignaioli nati intorno agli anni Settanta, con le stesse frequentazioni (intendo la scuola agraria di Laimburg), cresciuti insieme con il comune ideale di rendere i propri masi indipendenti dalle cantine sociali, con la spinta interiore e l’orgoglio di creare dei vini che parlassero il linguaggio della loro terra. In generale, per tutti loro, poche bottiglie (più o meno dalle 25.000 alle 80.000 bottiglie, a parte Pacherhof che arriva a 120.000), ma autoriali.
Siamo a Mahr, un’enclave (famosa già duecento anni fa per la sua vocazionalità, e lo si capisce anche dai vigneti immortalati da foto ingiallite appese in cantina) che Wachler peraltro condivide con il noto vicino Peter Pliger (Kuen Hof), fra i primi a partire da solo per seguire la propria realizzazione.



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Peter Wachtler

I vigneti (tre di proprietà e due in affitto) sono tutt’attorno la moderna cantina, legno vetro e ardesia in un design essenziale. Salgono dai 500 ai 750 metri, circondati dai boschi e rivolti a sud-est, tutti terrazzati e risistemati nel 2004. Le vigne (alcune raggiungono i trentacinque anni d’età) s’attaccano a un terreno magro, con scisti, silicio e quarzo, arrivando a pendere in modo vertiginoso nel vigneto Lahner (che in dialetto locale significa “scivolo”).
Peter, che mette il suo fare nelle renane nel 2000, interpreta il versante caldo di Mahr con rese un po’ più alte e con diversi passaggi di raccolta.
Il vignaiolo versa i vini e si racconta, sempre con un sorriso affabile, con una rilassatezza apparentemente bonaria, ma che non nasconde la lucida determinazione di una persona attenta e valutativa. Mi porto via il Sylvaner Lahner 2017, non una delle migliori annate di questo “cru”. Lento nell’esprimersi raggiunge una complessità e un’ampiezza che restano impresse, insieme alla nota salina che incide il sorso.

Taschlerhof
Mahr 107
39042 Bressanone (BZ)
tel. 0472851091
info@taschlerhof.com
www.taschlerhof.com


Köfererhof

Aleggia la storia in questo maso del 976, già attivo 166 anni prima dell’abbazia di Novacella, ben visibile da qui. Quante famiglie si sono aggirate qui nel tempo!
Seduta al tavolo con i vini di Günther Kerschbaumer, sento per la prima volta la forza originaria di un composito nucleo familiare. Effettivamente appaiono e scompaiono vari parenti a salutare, ma è dalle parole di Günther che, amorevole pennellata dopo pennellata, ne escono uno per uno, ciascuno con il proprio ruolo, chi si adopera per il buon andamento del vigneto, chi della cantina, chi del ristorante (tipica cucina tirolese familiare). Uno dei due figli piccoli vorrebbe già dare una mano a papà tra le viti.
In cantina e in vigneto le decisioni, nonostante gli aiuti, le prende Günther. Come nel ’95, quando dopo quattro anni di prove, inizia la sua avventura in solitaria. E’ fra i primi a partire, a segnare il passo agli altri. Chiude con il mondo di prima, fatto di uve conferite e di una stalla (avevano pure la migliore vacca produttrice).



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Günther Kerschbaumer

Resta un po’ di quel mondo nelle etichette, che ritraggono mamma e papà in vendemmia quarantacinque anni fa (niente pergole, e in effetti, Günther fu tra i primi a terrazzare le vigne usando il guyot). Nuove vigne vengono reimpiantate, implementando vigneti e cantina.
Oggi gli ettari vitati sono cinque e mezzo di proprietà e quattro e mezzo in affitto (ma seguiti personalmente) a circa 650-700 metri, su terreni di ardesia e granito in profondità, con una tessitura superficiale ghiaiosa e sabbiosa di origine morenica.
Guardo Günther aprire le bottiglie. Le mani di chi sa fare il proprio mestiere di artigiano vignaiolo. Affiora all’esterno solo una parte di quello che conosce, di quello che sperimenta, di quello che assaggia per il mondo (anche con il Trio vinicolo, con Markus Prackwieser e Christian Plattner). Il suo sguardo è carsico, si percepisce che è un uomo interiore, che guarda all’essenza delle cose. Pur nella cortesia, difficilmente sarà avvolgente ed espansivo, i suoi modi sono di persona di carattere, a tratti spigolosa, difficilmente ti farà capire quello che pensa. Lo ritroviamo nei suoi vini, mai rotondi, con una droiture ammirevole, irrorati da vene sapide e spinte fresco-acide che ti mettono dritta sulla sedia.
Voglio ringraziarlo per la generosa e paradisiaca panoramica dei suoi vini. Non ha sbagliato un colpo, e io mi porto dentro quel mazzo di fiori, dal sylvaner, al pinot grigio, al kerner, al grüner veltliner, al riesling, al sylvaner R (tutti 2017) come un omaggio alla sua terra.
Ogni suo vino, sempre nel rispetto del varietale, è capace di entrarti sottopelle e arrivare a toccare le corde più intime. La commozione profonda, quella che ti prende dalla punta dei capelli fino alla punta dei piedi, quella che ti lascia senza parole perché il corpo vibra come un diapason, è arrivata con il riesling 2010. Un capolavoro. Complessità naturale, sapidità del frutto armonizzata in pulito rigore e in energia trascinante fino alla fine. Luminoso, trama fine e arpeggiata, è vino da angeli.

Köfererhof
Via Val Pusteria, 5,
39040 Novacella (BZ)
tel. 0472 836649
www.koefererhof.it
info@koefererhof.it


Strasserhof

Come ci si sente bene nella stube di Hannes Baumgartner! Sicuramente è il calore del legno alle pareti, la cura amorevole di ogni particolare che già ti fa sentire “casa”. Se poi ci aggiungi l’innata gentilezza e savoir faire del proprietario, faccia pulita da bravo ragazzo, e la strana levità che accompagna il suo passo di uomo decisamente alto, ecco… ti mancano solo i vini (che stanno arrivando) e ci resteresti per ore. A guardare, tra le orchidee, fuori dalla finestra, la Plose e le vigne. Anche perché fuori fa un freddo cane e girar per i vigneti causerebbe un malanno.
Siamo a settecento metri d’altitudine in uno dei masi più antichi, più di mille anni, addirittura antecedente all’Abbazia di Novacella, che dista da qui qualche chilometro, più sotto.
Non ci fosse il recente Santerhof in Val Pusteria, il maso Strasserhof godrebbe indisturbato del primato di azienda vitivinicola più settentrionale d’Italia.



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Hannes Baumgartner

I vigneti, cinque e mezzo di proprietà e uno e mezzo in affitto, vanno dai 650 agli 800 metri d’altitudine, su terreni sabbiosi e ghiaiosi. E se in generale il vigneto isarcense è ancora giovane, qui abbiamo esempi di vigne vecchie (i ceppi di sylvaner raggiungono i cinquant’anni di età). Anche qui a predominare sono sempre i bianchi, però un rosso (zweigelt), serve per accompagnare l’antica usanza tipica della Valle d’Isarco, il Törggelen d’autunno. La Buschenschank in cui ci troviamo viene aperta al pubblico per un momento di convivialità, con piatti locali, per perpetuare la tradizione un tempo riservata all’assaggio del vino novello (Törggelen deriva da torchio). Hannes, presidente dell’associazione Vignaioli dell’Alto Adige dal 2017, abbandona la strada del conferitore per dar vita alle proprie etichette nel 2003.
La scelta si concentra sul Sylvaner Anjo 2016 (il nome è la contrazione di Anna e Joseph, i genitori di Hannes), dieci mesi di affinamento in botte di rovere. Ti aggancia con quella nota di pietra focaia, foriera di una sapidità che ritroviamo al gusto: strutturato eppur equilibrato, elegante, distintivo, con una vivace scia corroborante.

Strasserhof
Unterrain 8
39040 Novacella Varna (BZ)
tel. 0472830804
info@strasserhof.info
www.strasserhof.info


Abbazia di Novacella
Ed eccoci nel tempio sacro della viticoltura isarcense: nell’Abbazia di Novacella, sotto l’ordine degli Agostiniani, si produce vino fin dal 1142, e son quasi nove secoli! E infatti viene annoverata fra le più antiche realtà produttrici di vino al mondo.
Indiscutibilmente la badia esercita un fascino profondo, nel suo silenzio ovattato, fra il chiostro, la biblioteca, la basilica. Luogo divino e di vino insieme, è stato gestito per decenni da Urban Von Klebelsberg, che è riuscito nel 2017 anche a inaugurare la nuova cantina interrata e in armonia paesaggistica, con molta soddisfazione dell’enologo Celestino Lucin (collaboratore da più di venti anni, ormai).



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Celestino Lucin

Dal 2018 ad amministrare anche gli 85 ettari vitati (fra i 25 di proprietà e quelli affidati ad una cooperativa di contadini, fornitrice in esclusiva) è stato chiamato Fabian Schenk.
Punto di riferimento sicuro nei secoli per molti contadini che conferivano le uve, Novacella ha avuto un ruolo fondamentale per la viticoltura in Valle Isarco. I vigneti si elevano su ripidi pendii dai 600 ai 900 metri, tutti terrazzati con muretti a secco, su magri terreni morenici.
Le vigne più vecchie sono quelle di sylvaner, quasi cinquantenni.
La produzione totale è intorno alle 800.000 bottiglie, suddivise tra linea classica e linea superiore Praepositus.
Ad accoglierci Werner Waldboth, responsabile marketing per tutti i prodotti del monastero (vino, grappa, succhi, tisane e cosmetici) ma anche per la struttura. Ci aspetta una verticale di Kerner di dodici annate, in un arco temporale dal 1993 (anno del riconoscimento della Doc) al 2017. Celestino Lucin ci introduce brevemente l’importanza che ha assunto il vitigno kerner per l’abbazia: se nel 1997 si producevano diecimila bottiglie su cinque ettari, ora, in poco più di vent’anni, se ne producono più di duecentomila su una superficie vitata di poco più di venticinque ettari.

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Il kerner (incrocio tra schiava grossa e riesling) è il vitigno quotidiano degli isarcensi, quello che si accompagna bene con il loro cibo quotidiano. Al di fuori del suo Paese natale, la Germania, il kerner (che deve il proprio nome al poeta e medico Justinus Kerner) viene coltivato soprattutto in Valle Isarco, che raccoglie poco più di 80 ettari totali sui cento altoatesini (quindi qui si produce quasi l’ottanta per cento della produzione altoatesina).
E se normalmente il kerner non produce molta uva, va però fatta molta attenzione al momento della vendemmia, affinché i vini non diventino troppo alcolici, ma esprimano ugualmente un’elevata intensità aromatica.

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Una verticale che è stata un’interessante esperienza, e che, togliendo i due tappi netti e una bottiglia non in piena forma, ha messo sul podio l’annata 2010, per l’accattivante speziatura, per la misura, giocata su finezza, ritmo dinamico e lunghezza.

Abbazia di Novacella
Via Abbazia 1
39040 Varna Novacella (BZ)
tel. 0472836189
www.kloster-neustift.it
info@abbazianovacella.it


Röckhof

Capita poche volte nella vita di arrivare a toccare l’autenticità. Tutto deve combaciare: basta una virgola fuori posto e crolla il palco. Guardo Konrad Augschöll, con quella mascella quadrata e il corpo magro e forte. Un fisico asciutto e muscoloso temprato dalla vita e dalla fatica.
Non credo abbia avuto un’esistenza facile, si sente a pelle. Registro quell’incredibile energia negli occhi prima di tuffarmi nel passato. Sotterra, nel buio, giù per un corridoio che porta al maso del Cinquecento abitato per quattrocento anni dagli Augschöll fino al 1988, quando Konrad e la famiglia si sono spostati nella casa affianco. E’ struggente la testimonianza di questa stube, nuda e cruda come nessun’altra. L’affumicatoio, ancora in funzione, è essenziale. Nella vecchia cantina pendono speck e salumi, per terra casse di patate, un vecchio torchio e una gerla appesa. Mi sento in un film. Nell’88 Konrad a ventisette anni prende le redini del maso e punta sulla viticoltura, pur mantenendo la produzione in proprio di latte, burro e formaggi, oltre a salsicce, speck e sanguinacci. Nel 1998 inizia a vinificare in proprio.
Nel 2012 costruisce la cantina come edificio interrato, adattandola al naturale andamento del terreno. Ad oggi le vigne sono su due ettari e mezzo di proprietà e due e mezzo in affitto su terreni di dioriti, graniti e sabbie. Vanno dai 550 ai 900 metri.

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Famiglia Augschöll

Fuori, la vista è incredibile, si vede l’Abbazia monastero di Sabiona e la Plose. Siamo sui 650 metri qui, fra vigne e castagni. E Konrad che in un angolo mette una casa per gli insetti (e chi si preoccupa di dare una casa agli insetti?). Konrad che salva dall’estinzione l’antico vitigno Furner Hottler, con un lavoro di recupero e ricerca da sottolineare con l’evidenziatore rosso (in effetti il vino che se ne ricava è un rosso, adatto per il Törggelen). Konrad che utilizza un lievito del 1895 da cinque anni. Konrad che fa le cuvée, Caruess, sia in bianco sia in rosso quando quasi tutti gli altri fanno solo monovitigno.
Ma è quando inizia a versarmi i vini e comincio ad assaggiarli, che intuisco la vera forza di quest’uomo. Vulcanica e silente. I primi sono vini del 2017. Realizzati da suo figlio, Hannes, al quale ha passato il testimone proprio in quell’anno. Il suo sguardo è aperto e orgoglioso: sosterrà il figlio, è pronto ad aiutarlo se lo vorrà, ma si tiene da una parte. Hannes ha idee diverse dal padre, vuole fare di testa sua. E avrà lo spazio che vorrà. Diamogli tempo e fiducia, l’annata non è stata facile.
Puntiamo gli occhi sul futuro e prendiamoci il Grüner Veltliner Gail Fuass 2017, figlio di sperimentazioni: raccolta anticipata, utilizzando il trenta per cento dei raspi, con la metà di lieviti autoctoni e metà no. Sottile, pian piano nel calice prende statura e volume in bocca, chiudendo con un artiglio di grintosa freschezza.

Röckhof
Loc. San Valentino 22
39040 Villandro (BZ)
tel. 0472847130
info@roeck.bz
www.roeck.bz


Pacherhof

Le origini del maso risalgono a prima della fondazione dell’abbazia di Novacella (1142) e il cognome sopravvisse fino al 1849, quando una delle figlie sposò il viticoltore Joseph Huber. Costui fu una figura importante per la Valle Isarco: in quegli anni capì, a seguito di numerosi viaggi insieme a Johann Huber, che sylvaner, pinot grigio e gewürztraminer erano le varietà adatte ai terreni isarcensi. Fu il primo a piantare il kerner in Valle Isarco. Così sta scritto nel sito e più o meno (ma proprio più o meno) è quello che mi ha riferito Katahrina Huber, durante la mia visita. In realtà avrei voluto saperne di più, la storia mi affascinava, ma bisognerà attendere che in famiglia si decidano ad approfondire le ricerche (esiste un libro su Johann Huber ma è in tedesco e quindi non ci è dato sapere).
Dal 2000 è il pronipote di Josef Huber, Andreas Huber a gestire la tenuta Pacherhof, con l’aiuto per l’appunto della sorella Katharina che si occupa di accoglienza e pubbliche relazioni da un paio d’anni.

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Andreas Huber

Ecco, se ti aspetti un maso sopravvissuto a più di mille anni di storia prendi un granchio: gli Huber hanno fatto le cose in grande. Hanno scavato sotto il piazzale di arrivo una nuova cantina, collegandola a quella storica, due anni di lavori. Una cantina enorme, bellissima, efficientissima, dotata delle più moderne e costose attrezzature con una sala degustazione all’altezza. E, a fianco, un hotel da fiaba, lussuoso.
Gli Huber si discostano molto dal resto dei piccoli produttori. Sono anche quelli che hanno più ettari, otto di proprietà, due in affitto e cinque da conferitori (e si sta lavorando per convertire al biologico l’intera produzione) e quindi fanno anche più bottiglie, 120.000 (sembra). I vini sono tecnicamente ben fatti, ma un po’ freddini (e non mi riferisco alla temperatura, anche se all’inizio ci sono stati serviti troppo freddi). C’è una certa omogeneità stilistica a rassicurare chi la ricerca. Scelgo la Private Cuvée Andreas Huber (40 sylvaner, 34 riesling, 26 kerner) 2016, nella quale il riesling e il kerner vengono vinificati in acciaio e il sylvaner in grandi botti. Dopo nove mesi di affinamento le varietà vengono assemblate e imbottigliate. Un vino rotondo, fruttato, piacevole. Mi resta la curiosità di vedere come evolverà.

Pacherhof
Via Pacher 1
39040 Novacella (BZ)
tel. 0472835717
wein@pacherhof.com
www.pacherhof.com

Ringraziamo Hannes Niederkofler e Alex Filz per le fotografie

Rivista